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Pressione antiabortista in Italia: il battito del cuore diventa strumento di controllo emotivo

Aggiornamento: 24 gen 2024

Il dibattito sull'aborto in Italia si fa sempre più acceso, con l'inasprirsi di iniziative antiabortiste che minacciano i diritti delle donne.


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Recentemente, il VI Municipio di Roma ha dato il via a un'iniziativa che fa freddare il sangue: la raccolta firme per la legge "Un cuore che batte". Questa proposta, mascherata da preoccupazione per la vita, vuole obbligare le donne a vivere un'esperienza traumatizzante prima di poter esercitare il loro diritto all'aborto.


Promossa dall'associazione antiabortista ProVita e Famiglia, questa iniziativa non è solo un attacco diretto alla legge 194, ma è parte di un'onda conservatrice che sta minando (e già manipolando) i diritti delle donne in Italia.


Il progetto di legge cerca di stravolgere l'articolo 14 della legge 194, costringendo le donne a guardare e ascoltare il battito fetale durante l'ecografia precedente all'aborto. Questo non è solo un abuso emotivo, ma un vero e proprio ricatto, poiché si sforza di condizionare la scelta delle donne attraverso il puro sfruttamento delle loro emozioni. Va sottolineato inoltre che, secondo la legge attuale, l'ecografia NON è affatto un passaggio obbligato per l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG).


La questione del battito fetale si inserisce in un contesto più ampio di crescente conservatorismo in Italia. Con un numero significativo di obiettori presenti sia all'interno che all'esterno di consultori e ospedali, e con il governo Meloni che appare evidentemente deciso a ridurre ulteriormente i diritti delle donne, l'accesso all'aborto è sempre più minacciato.


A complicare ulteriormente la situazione, c'è il problema dell'aborto farmacologico, praticamente impraticabile in Italia. Questo rappresenta un ulteriore attacco ai diritti delle donne, rendendo ancora più difficile l'esercizio del loro diritto di scelta in un contesto politico che sembra sempre più ostile.


L'Italia si trova a una svolta critica, e le donne si trovano in prima linea di una battaglia per difendere i loro diritti. La proposta "Un cuore che batte" è solo uno degli assalti orchestrati da forze conservatrici, un fronte di una guerra più ampia contro i diritti riproduttivi. Il femminismo deve affrontare questa sfida con fermezza, perché il futuro dei diritti delle donne in Italia è in gioco. E non stiamo vincendo.




Da dove arriva la proposta di far ascoltare il "battito fetale"


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La centralità del battito fetale è un tema di grande rilevanza nell'ambito legislativo globale sull'aborto. Lo scorso anno, l'Ungheria (il mio secondo Paese natale) ha introdotto una legge che impone di ascoltare il battito fetale. Dopo la revoca della sentenza Roe v. Wade, vari Stati americani hanno adottato le cosiddette "heartbeat bill", che vietano l'aborto non appena è rilevabile il battito, intorno alle sei settimane di gestazione.


Al momento, secondo il Guttmacher Institute, sei Stati richiedono obbligatoriamente un'ecografia con descrizione delle immagini, mentre altri otto impongono ai medici di informare sulla possibilità di visionarle. Questa pratica, sebbene non sempre prevista dalla legge, è inevitabile nei cosiddetti "pregnancy crisis center", gestiti in gran parte dalla Heartbeat International, una delle più grandi associazioni antiabortiste negli Stati Uniti. Piuttosto che fornire reale assistenza in gravidanza, questi centri mirano principalmente a dissuadere le donne dall'aborto.


Le indagini hanno rivelato che la Heartbeat International si concentra sulla missione di evangelizzazione e diffonde disinformazione sui presunti rischi dell'aborto, come il collegamento non fondato scientificamente tra l'interruzione di gravidanza e il cancro al seno. Inoltre, l'associazione è contraria all'uso di contraccettivi e, nel 2019, è stata indagata da Privacy International per l'abuso dei dati personali delle pazienti.


Heartbeat International non limita la sua azione agli Stati Uniti, ma è presente in più di 60 Paesi nel mondo, ed estende la sua influenza anche a livello internazionale, tra cui il Movimento per la Vita italiano. Non solo il Movimento per la Vita partecipa regolarmente ai corsi di formazione dell'associazione americana, ma riceve anche finanziamenti significativi.


Secondo i resoconti finanziari di Heartbeat International, tra il 2014 e oggi sono stati trasferiti 99.810 dollari alla controparte italiana. Questi fondi sono stati destinati a coprire spese legate a formazione, consulenza, progetti e supporto. Sebbene il Movimento per la Vita non emerga direttamente come promotore della proposta di legge "Un cuore che batte", il ruolo di Federvita Piemonte, Federazione regionale del Mpv, è significativo. Quest'ultima, favorita dal fondo per la vita di un milione di euro istituito dall'assessore regionale Maurizio Marrone, gode di un periodo di notevole prosperità.

La partecipazione all'iniziativa non si limita al Movimento per la Vita, ma coinvolge anche diversi centri di aiuto alla vita, così come i rami del Movimento per la Vita di Venezia Mestre e La Spezia.




Perchè è immorale, e scientificamente scorretto, parlare di battito fetale


Va sottolineato che a questo stadio dello sviluppo embrionale, il suono udibile è causato dall'attività elettrica di un gruppo di cellule, NON segnala la presenza di un sistema cardiovascolare sviluppato o di un "cuore che batte". La comunità scientifica, pertanto, evita di interpretare il battito fetale come indicatore di vita.


Nonostante ciò, il successo delle leggi sul battito cardiaco ha aperto la strada alla smantellamento delle protezioni dell'aborto. Queste normative, conosciute come "heartbeat bill", sono state ideate e promosse dall'associazione Faith2Action, fondata dall'attivista antiabortista Janet Porter. Dopo aver ottenuto l'approvazione della legge in Ohio, Porter l'ha presentata con lo stesso testo in diversi altri Stati, riuscendo a farla adottare in tutti, nonostante l'opposizione della comunità scientifica.


La proposta di legge, pur non minacciando direttamente l'integrità della legge 194/78, sembra rafforzarla, in sintonia con il progetto del governo Meloni per la manovra strategicamente definita "piena applicazione della legge 194", che appare studiata per ostacolare l'aborto in una moltitudine di modi indiretti e sottili.


Crediti: foto Gandolfo/LaPresse - Milano Today

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