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La Francia riscrive la storia dei diritti delle donne, mentre l'Italia sembra perderli di vista

Macron a Meloni: il confronto tra avanzamento e retrocessione dei diritti delle donne




Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato con determinazione che entro l'anno prossimo il diritto all'aborto sarà inciso nella costituzione francese. Questa mossa è stata motivata da preoccupazioni riguardanti la restrizione dei diritti delle donne in Europa, con specifico riferimento a paesi come la Polonia, dove il governo di destra ha reso estremamente difficile per le donne interrompere gravidanze anche a rischio di vita.


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Tuttavia, il confronto con la situazione italiana mette in luce una serie di sfide significative. Nonostante esista una legge in Italia che consente l'accesso all'interruzione di gravidanza, l'applicazione della 194 è minacciata dalla presenza diffusa di obiettori e da associazioni pro-vita che hanno il permesso di operare sia all'interno che all'esterno delle strutture sanitarie pubbliche (nonstante il nostro Paese sia costituzionalmente laico). Le donne che cercano l'IVG si vedono spesso costrette a rivolgersi (per ora, finchè è ancora legale) al settore privato, dove, sebbene l'intervento sia gratuito, le visite necessarie non lo sono. Questo crea un'onere finanziario per le donne che vivono in zone con un'alta percentuale di obiettori, mettendo a repentaglio il loro diritto fondamentale all’autodeterminazione.


Il governo italiano attuale, guidato dall’ancella del patriarcato Giorgia Meloni, ha suscitato preoccupazioni poiché appare decisamente ostinato nel voler limitare ulteriormente i diritti delle donne. La presenza di antiabortisti all'interno e all'esterno dei consultori e degli ospedali è solo una delle molteplici sfide che le donne italiane devono affrontare nella lotta per la loro autonomia riproduttiva. Il caso dei cimiteri dei feti, per cui l’Italia è diventata un noto caso mondiale di violazione dei diritti e delle libertà delle donne, ha evidenziato l'urgenza di rivedere le politiche esistenti e di proteggere i diritti delle donne in modo più che mai efficace.




Inoltre, l'aborto farmacologico, una scelta che offre maggiore privacy e autonomia alle donne, è quasi impraticabile in Italia a causa di restrizioni normative e culturali. Questa situazione contrasta fortemente con le prospettive innovative presentate dalla Francia di Macron, che si impegna a garantire alle proprie cittadine una libertà che noi in Italia per ora possiamo solo sognare, ma per la quale combatteremo ogni giorno.


La legge 194 in Italia, sebbene concepita come strumento per garantire l'accesso all'aborto, è stata oggetto di numerose critiche. La sua troppo labile esistenza si sta prestando a diverse manovre “diversive” e lesive dei diritti delle donne, che vengono propagandate dalla Meloni a suon di “Non toccheremo la 194”, perchè di fatto, non occorre che la modifichi per rendere impraticabile l’aborto.


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Questa situazione non è altro che un monito a non allentare le proteste, a non dare per scontati quei diritti che ogni giorno vediamo sgretolarsi sempre più, come un argine corroso, giorno dopo giorno, dall’acqua.


Giorgia Meloni non è solo pietra, è acqua: è proprio quella goccia che si infila dappertutto, nascosta, lenta, quasi invisibile, per poi corrodere tutto da dentro, perchè in realtà è acido.





La 194, e la narrativa distorta che è stata accuratamente costruita attorno ad essa, alimentano uno stigma intorno alla procedura abortiva, contribuendo all'idea che l'IVG debba essere vissuta con colpa e dolore. 


Ne abbiamo prova tangibile quando leggiamo della “propposta” di legge che obbligherebbe le donne, anche in Italia (come in Ungheria) a dover sentire il battito del feto prima di poter “liberamente” decidere di interrompere una gravidanza. Questo approccio, chiaramente, influisce in maniera allarmante sulla percezione sociale dell'aborto, creando un ambiente ostile per le donne che cercano semplicemente di esercitare un loro diritto.

Il confronto con la Francia sottolinea la necessità di un dialogo aperto sulla questione del diritto all'aborto e il ruolo fondamentale del femminismo nel perseguire una società più equa. 


A tal proposito, sapevi che:

  • nel 1946 non potevi votare?

  • nel 1963 non potevi essere magistrata?

  • nel 1970 non potevi divorziare?

  • nel 1975 avevi un capofamiglia?

  • nel 1978 non potevi abortire (quindi quasi sempre morivi per pratiche di aborto clandestine e quindi poco sicure)?

  • nel 1981 c’erano le attenuanti per chi uccideva una donna?

  • nel 1996 lo stupro offendeva solo la morale e non era considerato un reato contro la persona?

Ricordalo, quando sparli delle femministe.



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La stessa Meloni, tra l’altro, separandosi pubblicamente dal compagno (senza per questo avere ripercussioni lavorative, sociali e private), sta usufruendo del diritto all’autodeterminazione per cui le femministe hanno lottato, e che lei sta cercando di affossare. Ironico? No, non per un’ancella del patriarcato. Perchè, come ci ricorda Michela Murgia nel suo libro-capolavoro “Stai zitta”, il potere non è, in questo caso, della Meloni: le è stato consegnato dagli uomini perchè lo difenda, non perchè lo eserciti.










È un semplice burattino a servizio del patriarcato, che non si rende nemmeno conto (e qui avanzo qualche ragionevole dubbio sulle sue capacità mentali) di lottare contro i propri stessi diritti. Tra l’altro, occorre tener conto che aver riconosciuto i diritti sopra elencati, non ha apportato benefici esclusivamente alle donne, ma all’intero sistema sociale. Prego, non c’è di che.


Oggi i problemi in Italia sono leggermente meno, ma abbiamo ancora moltissima strada da fare. Per fortuna, c’è chi lotta ogni giorno per i diritti di tutt*. Le femministe restano e si consacrano come ultimo baluardo di una speranza che non possiamo permetterci di lasciar morire.


La Francia, con la sua mossa audace di includere il diritto all'aborto nella costituzione, si presenta d’altro canto come un esempio di progresso nella protezione dei diritti delle donne. Nel frattempo, l'Italia è chiamata a rivedere le sue politiche esistenti, a affrontare il problema degli obiettori e a garantire alle donne un accesso reale e senza ostacoli all'IVG. Solo attraverso un impegno concreto per il cambiamento potremo sperare di garantire alle donne italiane la piena autonomia sulle proprie decisioni riguardanti la loro salute riproduttiva e, di conseguenza, garantire loro un ruolo politico e sociale tangibile e concreto.


Crediti: foto manifestanti Luce Nazionale


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