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In Gran Bretagna la misoginia estrema sarà trattata come il terrorismo?

Il Governo Laburista della Gran Bretagna è pronto a scardinare la violenza di genere e a considerare la misoginia estrema come atto di terrorismo


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Il nuovo Governo Laburista britannico ha deciso di prendere di petto una delle questioni più gravi e pericolose della nostra epoca: la violenza e la misoginia contro le donne. Si parla di trattare la misoginia estrema alla stregua del terrorismo, un passo rivoluzionario che potrebbe finalmente dare il giusto peso a un fenomeno fin troppo a lungo sottovalutato. Yvette Cooper, la nuova ministra dell'Interno, ha dichiarato al Sunday Telegraph che il governo sta rivedendo la strategia antiterrorismo per includere le forme più estreme di odio contro le donne, colmando così le evidenti lacune nella legislazione attuale. E non è un caso: il femminismo moderno chiede azioni concrete, e la criminalizzazione della misoginia estrema come atto terroristico potrebbe segnare l'inizio di una nuova era nella lotta per l'uguaglianza di genere.



Dalla teoria alla pratica: insegnanti e misoginia estrema


Ma cosa significa, concretamente, trattare la Gran Bretagna potrebbe considerare la misoginia estrema come terrorismo? Secondo la proposta, gli e le insegnanti potrebbero avere un ruolo cruciale, essendo obbligatƏ a indirizzare alunnƏ sospettatƏ di comportamenti misogini verso Prevent, il programma antiterrorismo britannico. Qui, la domanda sorge spontanea: siamo davvero prontƏ a considerare il sessismo adolescenziale come una minaccia di radicalizzazione? Questo approccio potrebbe sembrare estremo, ma è forse l’unico modo per stroncare sul nascere un fenomeno che si alimenta di ignoranza e odio. Le scuole diventano così il primo baluardo di difesa contro una cultura tossica che potrebbe degenerare in atti di violenza.



Incel e radicalizzazione: la nuova frontiera della violenza di genere


Il termine “incel” – abbreviazione di “involuntary celibate” (celibe involontario) – è ormai tristemente noto. Questa sottocultura online raccoglie uomini che, frustrati dalla loro incapacità di avere relazioni sessuali, sviluppano un odio viscerale verso le donne. La misoginia, va ricordato, non è un'opinione personale, ma una visione del mondo che giustifica la violenza come atto di rivalsa. Con la nuova strategia antiterrorismo, il governo britannico si prepara a riconoscere il legame tra queste ideologie e la violenza reale, come già avviene per altre forme di estremismo. E, soprattutto, invia un messaggio chiaro: il tempo delle scuse è finito.



Influencer predicatori d’odio: l'influenza di Andrew Tate e altri


Negli ultimi anni, figure come Andrew Tate hanno guadagnato notorietà per i loro messaggi intrisi di misoginia, raggiungendo milioni di giovani attraverso le piattaforme social. Questi influencer, con la loro retorica tossica, si sono trasformati in veri e propri predicatori d’odio, capaci di radicalizzare le menti più giovani e vulnerabili. Maggie Blyth, vice capo della polizia, ha recentemente lanciato l'allarme: l’influenza esercitata su ragazzƏ e giovani uomini da questi personaggi è devastante. Paragonarli ai reclutatori terroristici non è un’esagerazione, ma una presa di coscienza necessaria. La domanda è: come possiamo contrastare efficacemente questa pericolosa tendenza?



Misoginia e terrorismo: una nuova arma per il femminismo?


Il femminismo ha sempre lottato per far riconoscere la violenza contro le donne come un problema strutturale, non come semplici atti individuali. Trattare la misoginia estrema come terrorismo non è solo una mossa politica, ma un’affermazione potente: la violenza di genere è una minaccia alla sicurezza pubblica, e va affrontata con la stessa serietà. Tuttavia, restano molte domande: questa nuova strategia sarà davvero efficace o rischia di essere un altro esempio di retorica vuota? Una cosa è certa: le imprenditrici femministe, e tutte le donne che lottano per la loro indipendenza, devono restare vigili e continuare a spingere per un cambiamento reale. Solo così possiamo garantire che queste promesse si trasformino in azioni concrete.



Riflessioni personali 


Il termine "terrorismo" deriva dal latino “terror”, che significa paura o terrore. Nella sua accezione moderna, si riferisce a un uso sistematico della violenza o della minaccia di violenza per perseguire obiettivi politici, ideologici o religiosi, spesso attraverso l'intimidazione e la creazione di un clima di paura generalizzato. Il terrorismo, quindi, non si limita solo agli atti violenti in sé, ma comprende anche l'uso della paura come strumento per manipolare e controllare la società.


Applicare il termine "terrorismo" alla lotta contro la misoginia, come proposto dal governo laburista britannico, significa quindi riconoscere che le forme più estreme di odio e violenza contro le donne non sono solo atti isolati di crudeltà, ma rappresentano un attacco sistematico e deliberato ai diritti e alla sicurezza delle donne e della società nel suo insieme. Questa interpretazione riconosce che la misoginia estrema, come altre forme di terrorismo, può radicalizzare individui e portare a una violenza strutturata, capace di minare la coesione sociale e la sicurezza pubblica. Pertanto, trattare la misoginia estrema come terrorismo significa darle la stessa priorità nella prevenzione e nella repressione, considerando il suo impatto devastante sulla società.


Un approccio di questo tipo potrebbe contribuire a dare maggiore peso e visibilità alla lotta contro la violenza di genere. Considerare la misoginia estrema alla stregua del terrorismo significa riconoscere la gravità e la pervasività del problema, mobilitando risorse significative per affrontarlo. Questo potrebbe portare a una maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica, favorendo un cambiamento culturale e un miglioramento nella protezione delle vittime. Inoltre, un inquadramento del genere potrebbe permettere alle forze dell'ordine e ai servizi sociali di intervenire con maggiore efficacia nei casi di radicalizzazione misogina, prevenendo potenziali atti di violenza prima che si concretizzino.


Tuttavia, ci sono anche potenziali risvolti negativi: c'è il rischio che un simile approccio possa provocare una reazione di chiusura e resistenza da parte di coloro che si sentono “ingiustamente” criminalizzati, potenzialmente aggravando il problema in un primo fatidico momento.



Filosofia del linguaggio e ridefinizione del terrorismo


Da un punto di vista filosofico, la ridefinizione del concetto di terrorismo per includere la misoginia estrema rappresenta un esempio significativo di come il linguaggio possa essere usato per modellare la nostra comprensione della realtà sociale. Il terrorismo, tradizionalmente associato a minacce politiche o religiose, viene qui esteso a un fenomeno di violenza di genere, riconoscendo implicitamente che anche le strutture di potere patriarcali esercitano una forma di controllo attraverso il terrore. Questa scelta linguistica non è neutra: ridefinire cosa costituisce una minaccia alla sicurezza pubblica significa anche ridefinire le priorità della società e delle istituzioni, spostando l'attenzione su forme di violenza che, fino a poco tempo fa, erano spesso considerate questioni private o secondarie.



Femminismo e stato: un'alleanza necessaria ma problematica


L'alleanza tra movimenti femministi e lo Stato, sebbene necessaria per ottenere cambiamenti legislativi e politiche pubbliche efficaci, ha sempre comportato un delicato equilibrio tra cooperazione e critica. Da un lato, il riconoscimento della misoginia estrema come forma di terrorismo può essere visto come un'importante vittoria del femminismo, che ottiene finalmente che lo Stato riconosca la violenza di genere come una minaccia alla sicurezza pubblica. Questo riconoscimento è fondamentale per garantire che le risorse statali vengano allocate in modo appropriato per combattere il problema e per dare un messaggio chiaro che la società non tollererà più certe forme di violenza e oppressione.


Dall'altro lato, c'è il rischio che questa collaborazione si trasformi in una strumentalizzazione del movimento femminista, dove le istanze della lotta per l'uguaglianza vengono cooptate per rafforzare apparati di controllo sociale che potrebbero, in futuro, essere usati contro altri gruppi emarginati o contro lo stesso movimento femminista. Il femminismo ha sempre sostenuto che la liberazione delle donne passa attraverso un cambiamento radicale delle strutture sociali, e non solo attraverso la repressione statale delle manifestazioni più estreme della misoginia. Questo significa che l'azione dello Stato deve essere accompagnata da un impegno costante per l'educazione, la prevenzione e il cambiamento culturale, che sono essenziali per eliminare le radici profonde della violenza di genere.



Repressione del dissenso


Una delle principali preoccupazioni è che l'ampliamento della definizione di terrorismo possa essere sfruttato per reprimere il dissenso politico e sociale. Storicamente, governi autoritari hanno spesso etichettato movimenti di protesta, compresi quelli femministi, come "radicali" o "sovversivi". Se lo Stato acquisisce maggiori poteri per perseguire ciò che definisce come "estremismo", c'è il rischio che questi strumenti vengano utilizzati per limitare le attività dei gruppi femministi, specialmente quelli che adottano tattiche più radicali o che criticano apertamente le istituzioni governative.


All'interno del movimento femminista esistono infatti diverse correnti, alcune delle quali più radicali e critiche nei confronti dello Stato e delle sue politiche. L'adozione di misure repressive sotto il mantello dell'antiterrorismo potrebbe portare alla marginalizzazione di queste voci, bollate come eccessive o potenzialmente pericolose. Questo rischia di limitare il dibattito interno al movimento, soffocando le critiche più profonde alle strutture di potere che il femminismo si propone di trasformare.


È comprensibile che il ragionamento possa sembrare eccessivo a prima vista, soprattutto considerando che l'intenzione dichiarata della proposta è quella di affrontare un problema reale e grave come la misoginia estrema. Tuttavia, esistono precedenti storici e sociopolitici che suggeriscono la plausibilità di tali rischi, anche se non sono inevitabili.


Governi di varie nazioni, nel corso della storia, hanno talvolta utilizzato leggi antiterrorismo e misure di sicurezza nazionale per reprimere movimenti di dissenso o minoranze, etichettando come "estremisti" gruppi che minacciavano lo status quo. Ad esempio, durante la Guerra Fredda, molte attività di movimenti per i diritti civili, sindacali e femministi sono state monitorate e, in alcuni casi, represse, sotto l'accusa di essere sovversive o radicali.


Nel contesto moderno, è plausibile che, senza adeguate garanzie e limiti, l'estensione delle leggi antiterrorismo possa essere applicata in modo più ampio del previsto. Le leggi antiterrorismo tendono ad ampliare i poteri delle autorità di polizia e di sorveglianza, il che, in un clima politico polarizzato o in circostanze eccezionali, potrebbe portare all'uso improprio di tali poteri contro movimenti sociali legittimi.


Sebbene questi scenari possano sembrare estremi, essi derivano dalla consapevolezza che le leggi e le politiche possono avere conseguenze non intenzionali, specialmente se applicate in modi non previsti inizialmente.


Detto questo, la plausibilità di questi scenari non significa che siano inevitabili o che debbano accadere. Le democrazie liberali dispongono di controlli e bilanciamenti, come una magistratura indipendente e una società civile attiva, che possono limitare l'abuso di potere. Inoltre, se le leggi vengono applicate con trasparenza e con rispetto per i diritti umani, molti dei rischi ipotizzati possono essere evitati.


In definitiva, è importante mantenere un equilibrio tra la necessità di affrontare la misoginia estrema con forza e l'importanza di proteggere le libertà civili. Il ragionamento non è necessariamente eccessivo se viene visto come un invito alla cautela e alla vigilanza, piuttosto che come una predizione di ciò che accadrà. La chiave sta nell'assicurarsi che le politiche adottate siano proporzionate, ben definite e soggette a una revisione continua, per evitare che le buone intenzioni possano avere effetti collaterali indesiderati.


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